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Carta d'Identità di Rodolfi Orazio |
Nessuno sa chi sia. Nessuno sa dove sia. Un disperso, uno
dei tanti. L’ultima Grande Guerra l’ha voluto testimone eterno delle azioni
inconsapevoli di un popolo. Si chiamava Orazio, classe 1920. Alto, snello, dai
capelli rossi e una gradevole invasione di lentiggini. Aveva un grande dono,
era uno studente modello. Un diploma e molti progetti per il futuro. Per ben
due volte fu rifiutato dall’esercito italiano per la leva militare perché
considerato di debole costituzione.
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Dichiarazione di rivedibilità del 1939 |
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Dichiarazione di rivedibilità del 1940 |
Poi fu arruolato suo malgrado, per un
destino segnato, con la classe 1922 e fu costretto a lasciare il suo paese,
Zappolino e la sua famiglia dalla quale non fece mai più ritorno. La sua ultima
lettera lasciata con speranza nella cassetta del campo è del 1 gennaio 1943,
indirizzata alla madre e dice: "…il primo pensiero nella mente mia, all’entrare
del nuovo anno è stato a te indirizzato. Pensavo che tu certamente in quello
stesso momento pensavi a me…".
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Ultima lettera ricevuta dalla famiglia |
Ed era proprio così. Ogni giorno della sua vita
senza di lui, quella madre, pensava e viveva per rivedere il sorriso di suo
figlio.
A nessuno era dovuto sapere dove fosse e il controllo della
posta militare aveva regole rigide e intransigenti.
Sappiamo solo che per volere di un pazzo, accecato dal
tentativo di rincorrere un prestigio internazionale e fortemente deciso a non
deludere le aspettative di un uomo che ha dimostrato di essere stato il più
folle mai esistito al mondo, un esercito di oltre 229.000 soldati, senza viveri
sufficienti, senza scarpe adeguate, con uniformi a brandelli e inadatte per i
climi di quel paese inospitale, senza munizioni, logorati nel fisico e nello
spirito, sono stati inviati con l’ordine di conquistare la Russia. Ripeto
conquistare la Russia.
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Una delle cartoline spedite da Orazio |
Orazio fu uno dei giovanissimi inesperti ragazzi partiti
con il 277° Reggimento Fanteria “Vicenza” 3° Compagnia Comando, mandati al
massacro in terra straniera. L’ARMIR ovvero la 17° armata tedesca e da essa
riceveva ordini. Ordini di un dissennato essere sprezzante del valore di ogni
soldato dietro alla quale una famiglia viveva giorni di pura angoscia.
A marzo del 1943 ritorna indietro, per mancata consegna,
l’ultima lettera spedita dalla madre.
No, Orazio, non ha mai letto quelle parole di affetto e il 30 agosto 1943 la
famiglia Rodolfi riceve il famoso per molti, forse per troppi, Verbale di Irreperibilità, un documento pre-stampato che riporta queste parole: "…il nominato Fante Rodolfi
Orazio di Alberto e di Stanzani Gemma nato il 25 giugno 1920 (lui nacque il 22
giugno) a Castel di Serravalle, in occasione del combattimento del Don (Russia)
avvenuto a gennaio 1943 in Russia (zona Schegjakino, Warwarowka, Nikolajewka)
scomparve e che dopo tale fatto non venne riconosciuto tra i militari dei quali
fu accertata legalmente la morte o la prigionia…".
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Copia del Verbale di Irreperibilità |
Orazio è uno degli oltre 84.000 dispersi. E’ stato uno dei tanti
puntini neri su un oceano bianco a cadere e scomparire sotto l’indifferenza di
migliaia di persone inermi.
Mia nonna, Rodolfi Geltrude, sorella inconsolabile di
Orazio, non smise mai di sperare di poterlo rivedere. Visse convincendosi che
qualche donna russa di animo caritatevole lo avesse aiutato e lui fosse vivo in
un remoto angolo di una terra desolata. Nessuno di noi ha mai infranto questa
sua convinzione ma lei non potè mai piangere la morte del fratello perché non
ne accettò la dichiarazione evidente. Non un corpo, non un cadavere, non una
tomba su cui versare una lacrima. Di Orazio non è rimasto nulla. Qualche
lettera sbiadita dall’inchiostro ormai consumato dal tempo, qualche disegno
opera di una mano piena di talento, qualche foto ingiallita e dai lineamenti
impercettibili e il ricordo di lui tramandato ai diretti discendenti.
Questo ricordo non deve morire. I dispersi della Seconda
Guerra Mondiale fanno parte di noi, della nostra storia, della mia storia.
L’origine delle mie lentiggini, dei miei riflessi rossi tra i capelli, del mio
amore per l’arte e per il disegno sono la testimonianza che parte di lui è
ancora viva. Orazio mi ha lasciato questa eredità e io in cambio darò voce alle
sue parole, darò dignità al corpo consumato di un uomo il cui futuro è stato
spezzato per mano di un destino annunciato, darò orgoglio al soldato partito
per difendere la patria che ha fatto di lui un martire inconsapevole, darò
considerazione alle speranze infrante di una famiglia che conserva nella
memoria labile di un anziano, ogni attimo della sua vita felice.
Come?
Ve lo presento. Lui è Orazio, questa è la sua arte, questo
era il suo futuro.
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Rodolfi Orazio |
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Certificato di Licenza scolastica di tipo Agrario I DISEGNI DI ORAZIO |
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