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#RUSSIA GENNAIO 1943, LA #GRANDERITIRATA: Orazio Rodolfi, solo un nome tra migliaia


Carta d'Identità di Rodolfi Orazio 

Nessuno sa chi sia. Nessuno sa dove sia. Un disperso, uno dei tanti. L’ultima Grande Guerra l’ha voluto testimone eterno delle azioni inconsapevoli di un popolo. Si chiamava Orazio, classe 1920. Alto, snello, dai capelli rossi e una gradevole invasione di lentiggini. Aveva un grande dono, era uno studente modello. Un diploma e molti progetti per il futuro. Per ben due volte fu rifiutato dall’esercito italiano per la leva militare perché considerato di debole costituzione.
Dichiarazione di rivedibilità del 1939
Dichiarazione di rivedibilità del 1940
Poi fu arruolato suo malgrado, per un destino segnato, con la classe 1922 e fu costretto a lasciare il suo paese, Zappolino e la sua famiglia dalla quale non fece mai più ritorno. La sua ultima lettera lasciata con speranza nella cassetta del campo è del 1 gennaio 1943, indirizzata alla madre e dice: "…il primo pensiero nella mente mia, all’entrare del nuovo anno è stato a te indirizzato. Pensavo che tu certamente in quello stesso momento pensavi a me…".
Ultima lettera ricevuta dalla famiglia 
Ed era proprio così. Ogni giorno della sua vita senza di lui, quella madre, pensava e viveva per rivedere il sorriso di suo figlio.
A nessuno era dovuto sapere dove fosse e il controllo della posta militare aveva regole rigide e intransigenti.
Sappiamo solo che per volere di un pazzo, accecato dal tentativo di rincorrere un prestigio internazionale e fortemente deciso a non deludere le aspettative di un uomo che ha dimostrato di essere stato il più folle mai esistito al mondo, un esercito di oltre 229.000 soldati, senza viveri sufficienti, senza scarpe adeguate, con uniformi a brandelli e inadatte per i climi di quel paese inospitale, senza munizioni, logorati nel fisico e nello spirito, sono stati inviati con l’ordine di conquistare la Russia. Ripeto conquistare la Russia.
Una delle cartoline spedite da Orazio
Orazio fu uno dei giovanissimi inesperti ragazzi partiti con il 277° Reggimento Fanteria “Vicenza” 3° Compagnia Comando, mandati al massacro in terra straniera. L’ARMIR ovvero la 17° armata tedesca e da essa riceveva ordini. Ordini di un dissennato essere sprezzante del valore di ogni soldato dietro alla quale una famiglia viveva giorni di pura angoscia.
A marzo del 1943 ritorna indietro, per mancata consegna, l’ultima lettera spedita dalla madre.
No, Orazio, non ha mai letto quelle parole di affetto e il 30 agosto 1943 la famiglia Rodolfi riceve il famoso per molti, forse per troppi, Verbale di Irreperibilità, un documento pre-stampato che riporta queste parole: "…il nominato Fante Rodolfi Orazio di Alberto e di Stanzani Gemma nato il 25 giugno 1920 (lui nacque il 22 giugno) a Castel di Serravalle, in occasione del combattimento del Don (Russia) avvenuto a gennaio 1943 in Russia (zona Schegjakino, Warwarowka, Nikolajewka) scomparve e che dopo tale fatto non venne riconosciuto tra i militari dei quali fu accertata legalmente la morte o la prigionia…".
Copia del Verbale di Irreperibilità
Orazio è uno degli oltre 84.000 dispersi. E’ stato uno dei tanti puntini neri su un oceano bianco a cadere e scomparire sotto l’indifferenza di migliaia di persone inermi.
Mia nonna, Rodolfi Geltrude, sorella inconsolabile di Orazio, non smise mai di sperare di poterlo rivedere. Visse convincendosi che qualche donna russa di animo caritatevole lo avesse aiutato e lui fosse vivo in un remoto angolo di una terra desolata. Nessuno di noi ha mai infranto questa sua convinzione ma lei non potè mai piangere la morte del fratello perché non ne accettò la dichiarazione evidente. Non un corpo, non un cadavere, non una tomba su cui versare una lacrima. Di Orazio non è rimasto nulla. Qualche lettera sbiadita dall’inchiostro ormai consumato dal tempo, qualche disegno opera di una mano piena di talento, qualche foto ingiallita e dai lineamenti impercettibili e il ricordo di lui tramandato ai diretti discendenti.
Questo ricordo non deve morire. I dispersi della Seconda Guerra Mondiale fanno parte di noi, della nostra storia, della mia storia. L’origine delle mie lentiggini, dei miei riflessi rossi tra i capelli, del mio amore per l’arte e per il disegno sono la testimonianza che parte di lui è ancora viva. Orazio mi ha lasciato questa eredità e io in cambio darò voce alle sue parole, darò dignità al corpo consumato di un uomo il cui futuro è stato spezzato per mano di un destino annunciato, darò orgoglio al soldato partito per difendere la patria che ha fatto di lui un martire inconsapevole, darò considerazione alle speranze infrante di una famiglia che conserva nella memoria labile di un anziano, ogni attimo della sua vita felice.
Come?
Ve lo presento. Lui è Orazio, questa è la sua arte, questo era il suo futuro.

Rodolfi Orazio 
Certificato di Licenza scolastica di tipo Agrario

I DISEGNI DI ORAZIO


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