Pianeta retroetichetta |
Diverse e numerose sono le indicazioni sulla realizzazione della retroetichetta perfetta.
Accusata di essere troppo melensa, eccessivamente essenziale, inutile, poco esplicativa, insomma scarsamente significativa. L'utente curioso, a volte falsamente colto, vuole trovare nella retroetichetta quante più informazioni possibili su uvaggi, solforosa, acidità e magari anche lieviti, enzimi, filtrazioni, vinificazione e affinamento. Insomma vorrebbe un manuale utile ad esporre il suo ego durante le serate con amici e parenti. L'utente "bevo di tutto qualunque cosa ci sia scritto", guarda la retroetichetta ma non la vede nemmeno. Ipotizziamo di considerare un tipo di utente consapevolmente interessato, per il quale immagino di realizzare retroetichette sospese tra l'utile, il faceto e l'ispirato.
La mia idea di retroetichetta è legata alla realtà sospesa che vorrei trasmettere all'utente. Comunicare una filosofia, un episodio, un ricordo strettamente congiunto al vino o all'azienda. Sapere cosa bevo è importante ma anche non saperlo lo è. Dare spazio alla prima emozione con la quale il vino stesso ti invade, lo stesso trasporto che puoi vivere anche ad occhi chiusi senza conoscere alcuna alchimia. Quello è il momento che vorrei colmare con i miei pensieri. Tutto quello che ti serve sapere è lì in quel bicchiere e in quella piccola frase.
Dopodichè se ancora avrai bisogno di sapere uvaggi, solforosa e quant'altro potrai dotarti di depliant aziendale, schede tecniche di ogni genere e in ogni lingua, sito internet e nella migliore delle ipotesi di una degustazione pilotata dall'enologo dell'azienda che potrà esaudire ogni tuo desiderio di conoscenza tecnica.
La retroetichetta è un'altra cosa.
Necessariamente, per esprimere un'emozione bisogna provarla, per fare ciò le alternative sono due: o ti sforzi di mettere in campo quanto di meglio la tua fantasia creativa può raccontare, oppure fai un sopralluogo nell'azienda di competenza e approcci il proprietario per farti rivelare qualche curioso aneddoto di vissuto in cantina.
Questa è senza dubbio la soluzione migliore e la più stimolante.
Vorrei raccontarvi di quella volta che andai in vacanza in Borgogna. Un luogo magico per tutti coloro che amano il vino, la sua storia e tutto ciò che lo circonda. Ricordo ancora oggi ogni singolo profumo percepito durante il mio girovagare per colli. Quel verde intenso, accecante sotto il sole di agosto, quei lunghi geometrici vigneti allineati a tal punto da sembrare perfetti nel loro rigore al pari di uno schieramento di soldati in battaglia. Ogni foglia, ogni grappolo, ogni sasso sembra essere consapevole del proprio valore. Visitiamo una delle numerose cantine a Chassagne Montrachet. Entriamo consci di essere nel cuore dell'enologia mondiale con devozione e rispetto. Ci accoglie il proprietario che senza tanti fronzoli e salamelecchi ci accompagna nella grotta dell'affinamento dove decine e decine di barriques, in silenzioso riposo, conservano il prestigioso nettare simbolo di una terra generosa. Nessuna sala degustazione arredata da chissà quale noto architetto, nessun bicchiere di cristallo dalla forma eccessiva, nessun responsabile marketing ad esporre una sequenza di slide in sostituzione di un più gradito rapporto umano, solo l'essenza e l'essenziale. Una flebile luce giunge da una lampadina polverosa, due bicchieri di recupero e una cannula per prelevare vino direttamente dalle barriques. Una voce pacata e familiare, in inglese con dichiarato accento francese nel tentativo di esprimere qualche parola italiana per buona accoglienza, ci racconta una lunga storia fatta di avi e di tradizioni tramandate di generazione in generazione porgendoci di tanto in tanto un assaggio di vino. Ogni barrique è diversa dall'altra, ogni vigneto è diverso dall'altro e questo ci pone davanti ad una lunga e gratificante degustazione. Ne usciamo empi, in ogni senso, rubicondi e appagati. Ovviamente acquistiamo più di una cassa di vino. Al nostro rientro in Italia abbiamo subito cercato un'occasione per aprire una bottiglia di Chardonnay della Borgogna. Non fu difficile. Notiamo che l'etichetta riporta il nome del luogo, un piccolo logo della cantina vinicola, il Cru, l'annata, il grado alcolico e la quantità. La retroetichetta? Non c'è, non esiste. A volte la retroetichetta può essere superflua, inutile, non servirebbe a migliorare un equilibrio grafico. Non c'è niente da sapere oltre al fatto che la vocazione di un territorio è data dalla semplicità della sua gente. Semplicità che si evince da un'immagine riconoscibile per la qualità del proprio prodotto.
ALCUNE RIPRODUZIONI DI RETROETICHETTE MB DESIGNER
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