Disegno di M.Brini |
Sul mio comodino resiste la dura lotta tra Mark Twain e il
tablet ultima generazione. Mi capita di inginocchiarmi davanti a loro in egual
misura prima di coricarmi. Forse per l’ormai flebile membrana del mio menisco
sinistro o forse per devozione. E’ una lotta impari quella che combatto dentro
di me talmente sono distanti i due effetti scatenanti che ho volutamente messo
a confronto.
Mark Twain, solido pilastro della letteratura con la sua
delicatezza ha conquistato il mondo. Non puoi cibarti delle sue parole senza
rimanere colpito dalla purezza dei suoi messaggi. Il Tablet al contempo si
pone come unica possibilità di dialogo futuro al quale non puoi più sottrarti.
Avvinghiata al mio ideale familiare ho tenuto alto il credo
sessantottino degli indimenticabili figli dei fiori. Pace e amore è tutto ciò
che serve per una vita felice e serena dove non esiste angolo accessibile a
novità elettromediatiche.
Ho tentato, resistendo, grazie alla bucolica visione del
panorama quotidiano che mi circonda per ben dieci anni.
Poi il mitico Mr Twain è scivolato sul red carpet di
Whatsapp scaricato abilmente dopo cinque minuti esatti dall’acquisto, sul nuovo
telefono cellulare di mia figlia.
Lei pre-adolescente, armeggia quel terribile oggetto da
oltre due anni come fosse companatico indispensabile alla sua sopravvivenza.
Per garantirmi una posizione dignitosa nella scaletta della
sua chat dimentico chi sono e pago una nuova visita oculistica per calo
improvviso della vista, chiedendomi se la mia dieta dimagrante avrà lo stesso
effetto su fianchi e indice della mano destra.
Imparare il codice alfa numerico non è più sufficiente, ora
devo anche interpretare i mille volti di una palla da tennis dalle sembianze
umane. Inizio a chiedermi, con giustificato allarme, con quale lingua o mezzo
dovrò comunicare con mio o mia nipote.
Niente paura, posso farcela e pregusto il silenzioso
messaggio sottotono che posso lanciarle dalla cucina per invitarla a salire in
casa per la cena. Potrei aprire la finestra e farle un richiamo verace ma
perché sprecare tanti inutili movimenti e sollecitazioni alle corde vocali o
ancora meglio potrei collegarmi per una videochiamata e guardandola negli occhi
a distanza di sicurezza concederle ancora cinque minuti.
Opto per l’urlo genuino e lei non aspetta altro per
rimproverarmi:
“Mamma cosa urli, potevi mandarmi un messaggio”.
Ecco, appunto.
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