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#PALMAILVECCHIO: DA SERINA SOLO ANDATA


Per oltre dieci anni ho vissuto parte delle mie vacanze estive a pochissimi chilometri da Serina, nelle Valli Bergamasche, paese natale di Palma il Vecchio, grande anzi grandissimo Maestro Pittorico del ‘500.
Non avendo approfondito i dettagli della sua vita trascorsa oltre il godere delle sue magnifiche opere, non ne avevo idea e piacevolmente inaspettata è stata la mia sorpresa.
D’altronde, pensando e ripensando a tutte le volte che, scanzonata e leggera nei pensieri, passeggiavo per il paese, non riesco a ricordare nessun dettaglio che mi abbia immediatamento condotta al Grande Maestro. Non un cartello, un’indicazione, una statua, una dedica evidente, un manifesto, uno striscione, un faro. Niente di niente.
Un giorno di due estati fa, grazie all’intervento di parenti “influenti”, consapevoli del mio amore viscerale per l’arte, ho potuto godere di una visita privata e in sordina della Sacrestia della Parrocchia di Serina dove era appeso un dipinto in attesa di restauro. Una patina scura ne copriva l’evidente maestosità malgrado ciò il tratto, le rotondità e i volti erano inconfondibilmente opera di Palma il Vecchio.
Polittico della Presentazione della Vergine a Serina prima del restauro

Di lì a breve sarebbe stato accudito dalle sapienti mani di Eugenia De Beni che ne ha curato il restauro finanziato dalla Fondazione del Credito Bergamasco di Bergamo. Oggi quella stessa opera, nascosta per secoli dietro false intenzioni, risplende nella sua veste più vera, ricca e tangibile e presiede la Prima Retrospettiva Mondiale a lui interamente dedicata, presso il Gamec di Bergamo fino al 21 giugno prossimo. Molti sono i suoi capolavori giunti da Musei di tutto il mondo, da Londra, San Pietroburgo, Belgrado, Mosca, Madrid ma la mia attenzione è quasi ed esclusivamente catalizzata da quella maestosa opera, il "Polittico della Presentazione della Vergine" che ancora rivedo, mesto e silenzioso in quella buia stanza, coperto da un velo per non disperderne l’essenza. Oggi canta, o meglio urla qui davanti a tutti e ti teletrasporta in un’epoca assai dimenticata dove il digitale non esisteva e l’immagine aveva solo una forma di comunicazione, la visione di un Maestro, la dedizione, l’impegno, lo studio e il grande lavoro di un amanuense di effigie.
Torno a Serina, passeggio ancora per il paese cercando lui in qualche segno dimenticato. Non trovo nulla o meglio trovo la Pasticceria Palma il Vecchio in Via Palma il Vecchio e un dolce di pasta morbida con pere e cioccolato a lui dedicato. Beh che fare, approfitto!

Non molto soddisfatta parto, per impegni goliardici, con destinazione Londra. Giunta in città, dopo aver assaporato la vivacità del centro, goduto di una buona tazza di tè, aver camminato sotto una pioggerellina fastidiosa, non posso fare a meno di entrare alla National Gallery. Camminando distrattamente con il naso all’insù, nei saloni stracolmi di gioielli d’arte, entro nella stanza numero 34, la Sackler Room. Potrebbe essere tranquillamente un immenso salotto dove accogliere amici e parenti: un grande divano in pelle trapuntato dal color amaranto, un consumato ma più che mai adatto pavimento in legno e alle pareti una trentina di opere di straordinaria bellezza e valore di autori inglesi del 1700-1800. Dopo aver soggiornato in totale relax, aver socializzato con turisti giapponesi in viaggio di nozze, continuo il mio vagare ed entro della sala di Monet e mi immergo perdutamente nel suo Giardino di Giverny. Proseguo. Vengo attirata dallo sguardo languido del ritratto di Hermine Gallia di Klimt, dall’apparente rigidità del tratto di Paul Cezanne nelle Bagnanti, attraverso le ruggenti tigri di Henri Rousseau e mi faccio spazio tra la folla per ammirare i Girasoli di Van Gogh. 

Tanto per ricordare lo scopo della mia gita a Londra mi siedo sulla panca centrale a contemplare le Ballerine di Degas, eteree, morbide, perfette. Passo vicino alla Madonna con Bambino del Bronzino e ne percepisco la dolcezza materna e mi soffermo nella saletta del Pontormo. E’ come dire, emozione allo stato puro.
"La donna in biondo" di Palma il Vecchio
Io però sono qui solo per Lei, “A blonde Woman” per noi “La donna in biondo” 1520 di Palma il Vecchio. Ho gli occhi gonfi di lacrime è tutto così intimo, siamo io e lei. In questo momento la Sacra Famiglia di Tiziano, appesa al suo fianco, scompare. La sala è piena di giovani, studenti e per molti di loro forse è il primo approccio con l’arte. Del resto questo scrigno, nel cuore di Londra, è una collezione pubblica aperta a tutti in maniera gratuita. La Bionda Signora ivi collocata, vive ogni giorno piacevoli atmosfere. Nella stessa sala un gruppo di bambini sta assistendo ad una lezione su un dipinto del Giorgione, ridono, si divertono e a breve si approcceranno ad una riproduzione a matita dello stesso quadro.

Istintivamente vorrei riprendere quel piccolo dipinto della Signora immersa nei suoi pensieri e riportarlo a casa. Però, oltre a realizzare il fatto che forse la Torre di Londra ha ancora spazio per una cleptomane, penso a Jacopo Negretti, il ragazzo curioso che giovanissimo lasciò il suo paese per andare a Venezia, all’epoca fulcro pulsante dell’arte in ogni sua forma, oggi qui a Londra più vivo che mai. 
Decido così di non tentare la fuga con il piccolo diamante pittato, esco e mi dirigo al Covent Garden, del resto sono le cinque.

Commenti

  1. Grazie, Monica, per il tuo racconto! Quando ero a Londra e mi prendeva la nostalgia di casa, mi rifugiavo alla National a farmi "coccolare" dalla donna del Palma. Un bacione, Madda

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