Fino a quando esisterà qualcuno in grado di calpestare la
dignità di qualcun altro, la mente ci riporterà sempre a quel terrificante,
interminabile, inaccettabile periodo della nostra storia. Non serve averlo
vissuto, ci appartiene a tal punto da coinvolgere, in un modo o in un altro, la
maggior parte di noi. Un prozio che ha combattuto quell’insulsa guerra, una
discendenza di origine ebraica, zingara o diversa, un conoscente sopravvissuto
e ancora fortemente turbato o un congiunto che ha contribuito attivamente ad
infliggere torture ingiustificate. Tutti noi siamo coinvolti e viviamo con
questa recondita angoscia che abbiamo il dovere di lasciare in eredità ai
nostri giovani. La Giornata della Memoria è un momento di riflessione
fondamentale per il nostro futuro, capire cosa l’uomo è stato capace di fare o
non fare è necessario per la formazione dei nostri figli, per noi stessi.
Viviamo la nostra vita con accanimento per un intero anno poi il 27 gennaio
scatta come una forza surreale dentro di noi, un’energia improvvisa che ci fa
rivivere per qualche istante la loro tragedia e la assimiliamo come nostra. Il
cuore si stringe, il fiato è ansimante, il senso di terrore è agghiacciante, le
immagini sono atroci, il gelo, la fame, la disperazione, la speranza. Scende
una lacrima e si ferma sul labbro segnandolo leggermente. Con la mano la colgo
e la assaggio. E’ tremendamente salata. Ecco quella sensazione di smarrimento
dato dall’eccessiva sapidità, mi riporta alla realtà.
No, dimenticare è impossibile e ancora oggi non riesco a
capire fino in fondo come sia potuto accadere. Forse se la nostra generazione,
più matura, più consapevole, più preparata, più civilizzata avesse potuto
intervenire con un salto intertemporale, tutto ciò non sarebbe mai potuto succedere o
forse sì. Del resto noi ora ci siamo, siamo nel presente senza salto
intertemporale e ci sono ancora popolazioni intere completamente calpestate in
ogni primario diritto di sopravvivenza. Quindi? Tutta questa consapevolezza,
sapienza, maturità, cultura ancora non ci ha salvato completamente.
Ora comprendo qualcosa in più e mi sento ancora più triste e
inerme e cerco di infondere questa inquietudine ai nuovi noi, per rispettare
quel senso di speranza che non ha mai abbandonato tutte quelle persone, quei
nomi, quelle storie, quei bambini che oggi vivono nei nostri ricordi.
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